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Un piatto unico e variegato a base di pesce, ecco la ricetta di una prelibatezza della cucina triestina

La seconda tappa del nostro viaggio virtuale nell’Italia gastronomica ci porta nella Venezia Giulia. Benché fortemente rimaneggiata dopo la seconda guerra mondiale, la Venezia Giulia e Trieste in particolar modo, conserva il suo fascino di regione tipicamente mitteleuropea, con gli austeri palazzi di Gorizia, Gradisca e Trieste e la variegatissima offerta gastronomica, tipicamente marinara a Trieste (ma anche questo non è vero perché della provincia di Trieste fanno parte molti borghi carsici, dove la cucina è tipicamente continentale), e, a costo di ripetermi, di radici chiaramente mitteleuropee nella provincia di Gorizia (Grado a parte) che inoltre va molto fiera, e a ragion veduta, dei locali vini del Collio.

 

Salteremo, purtroppo, a piè pari, riservandoci di ritornare sulla questione in un secondo tempo, tutta la ricchissima cucina di carne, per parlare della cucina di pesce che la fa da padrona da Muggia, al confine con la Slovenia, a Lignano, a due passi dal Veneto. Sono alcune centinaia di chilometri ed è difficile eleggere un piatto che rappresenti tutto questo universo. A costo di farmi togliere la cittadinanza triestina, penso che il “boreto” (brodetto) gradese possa rappresentare un po’ tutta la cucina marinara regionale. Come per tutti i piatti della tradizione popolare, anche per il boreto esistono mille varianti, ogni famiglia lo fa in maniera diversa, dipende dalla stagione, da quello che uno trova sul mercato, se lo fa a Grado o in qualche casone della laguna, insomma, i modi per prepararlo sono infiniti.

 

Per una variante più o meno internazionale del boreto ci vuole del pesce misto e bisognerebbe fare in modo che ogni commensale abbia almeno un pezzo di ogni pesce. Ci vogliono, dunque, un branzino (spigola, per chi non è di queste parti), se grande da tagliare a pezzi, un cefalo, anche questo, se grande, va tagliato, una seppia piuttosto grossa, un’anguilla, componente d’obbligo, dei guati (ghiozzi), delle canocchie, olio extravergine d’oliva, farina, aglio, vino bianco, sale, pepe.

 

Il pesce va pulito, squamato e tagliato a pezzi. In un larga pentola soffriggete l’aglio nell’olio fino a farlo diventare scuro. A questo punto si possono adagiare i pesci nella pentola: lasciati rosolare, ma, anatema, non mescolate mai, ma scuotete spesso con delicatezza la pentola, in modo da non far attaccare il pesce. Quando il pesce è rosolato, salate e pepate, aggiungete un bel bicchiere di vino bianco secco, coprite e lasciate e lasciate che il vino evapori. A questo punto aggiungete dell’acqua tiepida nella quale avrete stemperato della farina, in modo che non si formino grumi. La quantità d’acqua dipende dalla quantità di pesce: il liquido non deve coprirlo, se no tutto l’insieme diventa brodoso. Adesso non c’è che da aspettare una ventina di minuti, scuotendo sempre la pentola. Il liquido si addenserà in un sughino delizioso che dovrà risultate cremoso.

 

Il boreto va servito con della polenta bianca: a me piace morbida, ma potete anche farla più consistente, tagliarla a fette e abbrustolirla. Accompagnare obbligatoriamente con una buona bottiglia di vino bianco del Collio, magari con del Pinot grigio.

 

 

A cura di
Giovanni Fischer
giornalista

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