Il Sahara più bello del Gilf Kebir e dell’Uweinat nel racconto di una spedizione in Egitto

Stampa

Reportage di una esplorazione scientifica nel deserto sahariano sulle tracce dei primi esploratori

A distanza di 81 anni un gruppo di scienziati, ricercatori e giornalisti provenienti da 12 Paesi, ha ripercorso le principali tappe della spedizione commemorativa nel Gilf Kebir, altopiano nel deserto del Sahara in Egitto, un’esplorazione voluta dal Conte Laszlo Almasy.
La storia di questa spedizione inizia da lontano e come tutte i racconti che si rispettino, ha una sua bella storia d’amore. La vicenda del Principe di Kamal mi è stata raccontata durante un  momento di relax nel deserto, all’ombra di una tenda nell’attesa del trascorrere del tempo, dal Professor Fekri Hassan*  – archeologo ed antropologo.

“Vedi – mi disse il Prof. Hassan –  nel film ‘Il paziente inglese’ vengono raccontate le avventure del Conte Almasy (a cui si è liberamente ispirato il personaggio principale del romanzo) ma la vicenda d’amore è di pura invenzione romanzesca. Al contrario, il Principe di Kamal ha realmente vissuto una storia appassionata, che gli ha condizionato la vita, al punto di rinunciare al trono per dedicarsi ad una sua altra grande passione: l’esplorazione del deserto del Sahara. 
Alcune lettere* testimoniano la passione del Principe per una donna francese che gli avrebbe dato due figli ma che il padre non gli ha mai permesso di sposare per motivi dinastici”.

Ma facciamo un passo indietro: correva l’anno 1922 quando la straordinaria scoperta della tomba di Tut Ankh Amon attirò gli obiettivi della stampa  internazionale e André Citroen organizzava la Trans-Sahara, la più importante spedizione scientifica mai effettuata nel deserto e in occasione della quale vennero utilizzati i leggendari mezzi semicingolati “Citroen Kegresse Autochenilles”.
Il Principe Kamal El Din, che nello stesso anno aveva rinunciato al trono dinastico – ufficialmente per motivi politici –  seguì con interesse le cronache della spedizione e sull’onda dell’entusiasmo, nel 1923, decise di avventurarsi a sua volta con i mezzi semicingolati in quei luoghi del deserto Sahariano dove nessuna automobile aveva ancora mai lasciato traccia: il Grande Mare di Sabbia.
Il semicingolato era considerato allora il mezzo ideale per affrontare le sue tanto temute sabbie “molli”,  ma il consumo di carburante era notevole: una media di 100 litri di ogni 100 Km! Per potersi inoltrare nel profondo deserto libico alla scoperta del versante inesplorato del Gebel Uweinat, la logistica fu fondamentale: il Principe organizzò le sue spedizioni con al seguito una carovana di oltre 500 cammelli per il trasporto del carburante, prevedendo una serie di depositi di carburante per il rifornimento durante il rientro. ll Principe di Kamal, con al seguito un gruppo di scienziati, fotografi e cartografi, tra cui il Conte ungherese Laszlo Almasy – il temerario esploratore che ha appunto ispirato il personaggio de “Il paziente Inglese” – organizzò negli anni successivi ulteriori spedizioni, grazie alle quali riuscì a mappare quella parte del deserto sud-occidentale così arido ed ancora avvolta nel mistero, scoprendo –  nel 1926 – la maestosa grande barriera scura che si erge dalla sabbia, l’altopiano del Gilf Kebir.

In Egitto ai confini del Sudan, ai piedi del Gilf el Kebir, si trova oggi una tavola di marmo frantumata con una iscrizione dedicata all’esploratore e mecenate Principe Kamal el Din Hussain. La placca a lui dedicata venne posta per riconoscenza nel 1933 dallo stesso Conte Almasy, in occasione di una spedizione commemorativa.

A distanza di 81 anni un gruppo di scienziati, ricercatori e giornalisti provenienti da 12 Paesi – ha ripercorso, dal 16 al 24 marzo scorso, le tappe della celebre spedizione commemorativa voluta da Almasy. L’iniziativa, chiamata Kamal Expedition è durata 12 giorni ed ha coinvolto in tutto 104 persone.
Dopo una cerimonia iniziale di apertura a Il Cairo ed una tappa di avvicinamento con un volo charter all’Oasi di El Kharga, finalmente la vera spedizione ha preso il via: le auto incolonnate, con il loro carico di persone e viveri hanno abbandonato definitivamente l’asfalto per affrontare sabbia, dune e rocce in direzione sud-ovest fino ai confini del Sudan, percorrendo complessivamente 2.600 km. Anche in tempi moderni la logistica ha svolto un ruolo fondamentale, quando nessun gruppo così numeroso di persone si era ancora mai addentrato nel profondo deserto libico, un lembo di Sahara fra i più aridi e lontano oltre 800 km da qualsiasi luogo abitato.
L’eccezionale carovana composta da 34 fuoristrada, trasportava un carico di oltre 7 mila litri di acqua, 18 mila litri di carburante ed una nutrita riserva di alimenti in scatola e vivande. Per le scorte d’acqua è stato calcolato un consumo medio a persona di 7 litri al giorno, di cui 3 per dissetarsi ed il rimanente per la cucina, oltre ad una riserva di 200 litri di acqua per le situazioni di emergenza.
Fra le scorte alimentari comparivano anche 120 kg di riso, 150 kg di farina bianca, 360 barattoli di fagioli e 175 kg di pomodori freschi. A capo della spedizione due medici – tra cui Tarek El Mahdy, titolare di Dabuka New Horizons – con al seguito tutto il necessario per un eventuale pronto intervento, defibrillatore compreso.
La  spedizione è nata come un progetto sperimentale  per promuovere l’ecoturismo in uno degli ambienti più belli del Sahara – di grande interesse  storico, naturalistico ed antropologico – nella zona compresa tra l’altopiano del Gilf Kebir, il massiccio dell’Uweinat ed il Grande Mare di Sabbia.
Dal punto di vista geomorfologico si tratta di un’area molto importante in quanto include rocce e formazioni particolari e di origine antichissima in grado di rivelarci preziose informazioni sul passato del nostro Pianeta. Un ambiente con ecosistema raro costituito da piante straordinarie, meravigliosi uccelli ed insetti che non ci si aspetta di trovare in uno degli angoli più aridi del Sahara: sopravvive nei secoli una meravigliosa specie di pianta dalle grandi dimensioni, l’Acacia Tortilis, un vero miracolo della natura oggetto di studio per la sua straordinaria capacità di adattamento ad un ambiente con una media di 5mm di pioggia all’anno.

Questo lontano e arido angolo di Sahara è anche uno splendido libro aperto sulla nostra preistoria: si ritrovano ovunque e ben conservati innumerevoli incisioni e pitture policrome rupestri in grado di rivelarci preziose informazioni sulla società pastorale neolitica ivi fiorita tra il 7.000 ed il 3.500 a. C., all’epoca in cui al posto della sabbia c’erano la savana, i laghi, i corsi d’acqua e molti, molti animali – fra cui giraffe, struzzi, antilopi e mucche  come testimoniano incisioni e pitture -.

Fu proprio il Conte Almasy ad effettuare i primi eccezionali ritrovamenti nel 1933, con la grotta cosiddetta dei nuotatori – quella ripresa nel film “Il paziente inglese”, per intenderci – per la presenza di piccole raffigurazioni umane che sembrano fluttuare nell’acqua; nelle vicinanze di Wadi Sura – la valle dei dipinti – sono stati in seguito ritrovati numerosi altri siti con spettacolari rappresentazioni di animali, scene di caccia e di vita domestica. Ma sono degli ultimi 10 anni le scoperte più importanti, tra cui Wadi Sura II – la meraviglia rilevata dall’italiano Massimo Foggini –  definita “la cappella Sistina del Sahara”: un sito da lasciare senza fiato per la copiosa quantità  di dipinti fra cui spiccano ovunque mani in negativo e le rappresentazioni ricorrenti di una bestia senza testa, oggetto di studio e interpretazioni la quale, assieme alle rappresentazioni dei “nuotatori”, viene collegata ad antichi testi funerari egizi.

Dalla preistoria alle tracce più recenti della nostra storia: il Parco Nazionale del Gilf Kebir conserva anche importanti testimonianze della seconda Guerra Mondiale, le piste di atterraggio note con il nome di G-Hills ed 8 Bells – segnalate utilizzando taniche di benzina per aviazione riempite di sabbia – sono fra le più spettacolari ed interessanti da visitare. Ma non basta: lungo la rotta si incontrano diversi relitti di camion come la Ford Model A in ottimo stato di conservazione. Surreali per il modo e lo stato in cui trovano, sparsi nel deserto un po’ qua e un po’ là, questi relitti di mezzi e camion abbandonati ci restituiscono memorie delle prime spedizioni esplorative, temerarie traversate del Sahara e tracce di cruente guerre passate.

Chi ancora non conosce il deserto del Sahara non può lontanamente immaginare la varietà di paesaggi che vi si possono incontrare… le bellezze naturali dell’Altopiano del Gilf El Kebir e del massiccio dell Uweinat lasciano senza fiato, ma tuffarsi nelle immense e dorate dune del deserto, il deserto vero del Grande Mare di Sabbia, è una esperienza di vita. Nel Grande Mare di Sabbia le dune sono altissime – con pendenze che raggiungono anche i 45°- le cui sfumature ambrate cambiano di colore ad ogni ora del giorno, mentre la sabbia è a tratti “molle”. Camminare sulla sabbia liquida diventa in alcuni punti un’impresa – con i piedi che sprofondano quasi fino alle ginocchia – e per fare galleggiare le auto ci vuole una notevole esperienza di guida sulla sabbia. Durante la traversata del mare di dune si possono fare ritrovamenti interessanti come meteoriti e la folgorite, costituita da sottili filamenti vetrosi e vuoti all’interno che sono l’effetto di un fulmine sulla sabbia.

E quando si pensa di avere visto quanto di più bello il paesaggio sahariano possa offrire, ci si ritrova nel Deserto Bianco. L’ultima tappa di Kamal Expedition ci ha regalato l’effetto a sorpresa di un paesaggio dalla bellezza indescrivibile. Gradualmente la sabbia soffice e dorata ha lasciato il posto ad un ambiente dall’aspetto lunare, con grandi formazioni calcaree a forma di fungo poggiate sulla sabbia bianca e polverosa. Una notte di luna piena e la magia è fatta, sembra di essere in una dimensione virtuale, ma è tutto vero, è semplicemente il deserto.

Kamal Expedition è stato un evento unico ed irripetibile in quanto ha coinvolto scienziati e giornalisti, ma spedizioni nel deserto libico come queste verranno organizzate ancora, con gli stessi itinerari ed accompagnati da studiosi ed esperti. Prossimamente su Veraclasse.it pubblicheremo fantastici tour alla scoperta delle meraviglie del deserto egiziano a cui potrete partecipare anche voi per un’esperienza indimenticabile.

*il Prof. Fekri Hassan attualmente ricopre la prestigiosa cattedra di Archeologia presso l’Institute of Archeology dell’University College of London.
*Riporto una parte di una lettera d’amore del 3 aprile 1915 scritta dal Principe Kamal el Din:
“Tesoro mio, mi sento un miserabile senza di te. Il palazzo dove vivo è più triste di una piccola capanna… tutta la gloria che mi circonda è un’umiliazione senza di te… Detesto ogni cosa che mi circonda perchè non amo che te… Mio padre il Sultano Hussein Kamel mi ha chiesto oggi di salire sul trono… come è ridicolo tutto ciò!  Questo significa che ti perderò e non ti potrò più vedere quando e dove voglio… Quando mi sono rifiutato egli è rimasto scioccato e non ha capito, ma nessuno al mondo può immaginare che il tuo amore è l’unica cosa che sogno nella mia vita… al punto che quando sono fra le tue braccia dimentico di essere un principe e mi sento il tuo schiavo. Mi auguro che il conflitto tra me e mio padre abbia fine e di poter venire da te, l’esplosione della guerra non mi impedirà di lasciare l’Egitto per raggiungerti ed abbracciarti”

Stampa