Donne e motori gioie e dolori?.

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Questo è un famoso proverbio che, da sempre, impera nell’universo maschile. Se il binomio è inscindibile perché, allora, non ottenere dei vantaggio

La donna, stimolata sia dalle influenze esterne – luogo ed evento al quale deve prendere parte – sia dal desiderio di sentirsi unica e originale, si muove nel mondo affascinante e frustrante del fashion; in tale ambiente vive non solo gli stati d’animo generati dall’oppressione e dall’imposizione di una gruppo sociale ma, anche, gli atteggiamenti ludici nati dal desiderio di gratificazione e dal fascino personale.

Questo non vuol dire sacrificare la femminilità della donna che, anzi, deve cercare l’abito che meglio la valorizzi nelle sue curve e misure. Gonne o pantaloni, gambe in vista o nascoste… non è questo quello che conta. Il modo di comunicare globalmente accettato non rispecchia mai la somma dei differenti modi di comunicazione dei singoli gruppi e la difficoltà di sapere comunicare per un individuo cresce in maniera esponenziale in relazione all’interazione di gruppi con gusti, hobbies ed esigenze differenti. La donna cerca la rivincita per sé stessa, un modo per poter emergere dal buio dell’omologazione e della cieca accettazione, cerca un abito che le conceda una rivalutazione del suo essere come individuo e come classe sociale, un indumento, insomma, che diventi manifesto della sua identità come, ad esempio, è stata la minigonna negli anni della contestazione femminile.
Per rimanere nell’ambito dei proverbi allora bisogna chiedersi: L’abito fa il monaco? Nel settore automobilistico la risposta è: assolutamente sì!

Un particolare ringraziamento a Marcella Sardo,
autrice del libro “Moda tra identità e comunicazione. L’abito e la costruzione dell’io sociale”.

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