Il vino Lugana, il bianco autoctono più venduto nel 2022

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Il Lugana è’ il vino più venduto in Italia nel 2022. E’ un vino bianco prodotto a cavallo tra Lombardia e Veneto, in prossimità della sponda meridionale del Lago di Garda, tra le province di Brescia e Verona.

Il vino Lugana è un vino bianco prodotto nella zona del Lago di Garda. È un vino di qualità prodotto a partire da uve Turbiana, un vitigno autoctono del territorio. Ha un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, un profumo intenso e fruttato, e un sapore secco, armonico e persistente. Lugana è un vino che può essere servito con piatti di pesce, ma anche con formaggi e verdure. Ma può essere apprezzato anche da solo, come aperitivo.

 

La produzione di vino Lugana ha una lunga tradizione, che risale al XVI secolo, quando i vini prodotti nella zona erano molto apprezzati, anche fuori dai confini italiani. Oggi il vino Lugana è uno dei vini più apprezzati della regione e viene prodotto in varie versioni, dal classico Lugana al Riserva, al Superiore.

Luganizzare

Quando un vino bianco italiano è elegante, importante, con la complessità di toni minerali e fruttati, capace di invecchiare con la classe di Charlize Teron e il fascino seducente di Sharon Stone, non si paragona più a un Riesling alsaziano, ma al Lugana riconoscendone il prestigio: «Tende a luganizzare» «Ha una struttura luganizzata».

Il Trebbiano di Lugana

Niente male per un vino che nel suo primo disciplinare (1967) definiva il vitigno «Trebbiano di Soave localmente denominato Trebbiano di Lugana». Con gli anni, dopo studi e ricerche scientifiche, si è scoperto che il Lugana (maschile il vino, femminile la terra che lo partorisce) ha una differenziazione genetica diversa rispetto ad altri vitigni della vasta famiglia trebbiana. È un autoctono doc. Ha un’anima sua. Tanto che dopo ulteriori studi è stata confermata la vera identità dell’uva a bacca bianca, arrivando a inserire- nel 2011- nel disciplinare la denominazione ufficiale del vitigno: Turbiana. Il resto è la storia recente di un vino di successo in Italia e all’estero, di una cenerentola diventata principessa. Tu mi turbi Turbiana.

Vino Lugana
Luigi Veronelli, col suo nasone percettivo, aveva incoronato il Lugana diversi anni prima, fotografandolo dalla giovinezza alla venustà: «Bevi il vino Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza; bevilo decenne , sarai stupefatto della composta autorevolezza. I Lugana, cosa rara nei vini, hanno una straordinaria capacità di farsi riconoscere. Tu assaggi un Lugana e non lo dimenticherai più». Anema e core.

Gli antenati del Lugana

Vino LuganaDa dove viene l’anima di questo vino splendente di riflessi d’oro e di smeraldo? Dai geni delle viti che si distendono dalla Lugana veronese a quella bresciana? Da Peschiera a San Benedetto di Lugana? Da Sirmione a Pozzolengo, da Desenzano a Lonato? Sì, viene dai geni ereditati dalle argille depositate milioni d’anni fa dal ghiacciaio che diede vita al Benàco. Ma sono stati ereditati anche dalla preistorica selva Lucana come la chiamavano i Romani, una foresta umida, acquitrinosa popolata di cinghiali e altri animali selvatici che la Serenissima, nel 15° secolo, iniziò a bonificare.

Fabio Zenato, presidente del Consorzio del Lugana

Fabio Zenato, presidente del Consorzio del Lugana, non ha dubbi: «Viene da tutto questo, dalla natura e dalla storia, dagli uomini che producono il vino e un po’ anche dalle leggende. Non ci sono prove, ma è bello pensare che il vino retico prodotto dal poeta Catullo e che il vino di queste zolle che innamorò il re ostrogoto Teodato siano gli antenati del nostro Lugana».
È storia raccontata dal cronista Marco Antonio Bendidio, invece, la meraviglia espressa da Isabella d’Este a vedere i pingui grappoli d’uva nella sua visita ai ruderi della villa romana di Sirmione. E lungo i secoli altre fonti storiche raccontano i vini della Lugana. Andrea Bacci, filosofo e scrittore, nel
De naturali vinorum historia (1595) scrive: «Fra Desenzano e Peschiera si producono squisiti Trebulani». Ottavio Rossi, archeologo e poeta del 17° secolo, nelle Memorie bresciane racconta di un vino «gagliardo e soave» della «fangosa Lugana».

Oggi il Consorzio Tutela vini Lugana è impegnato a continuare il progetto per individuare e registrare nuovi cloni. Partiti da un gruppo di 60 biotipi sono già stati omologati tre cloni individuati all’interno del materiale genetico. «Il territorio è piccolo», sottolinea Zenato, «e nel corso dei secoli ha sempre lavorato sui suoi vigneti, gran parte dei quali hanno una vita media di oltre 40 anni, un’età che garantisce mineralità e carattere. Questo ha comportato un elevato grado di conservazione del germoplasma garantendo la presenza del vitigno autoctono nel territorio.
Oggi il Lugana, grazie a questa stabilità genetica e alle caratteristiche delle argille dell’area, ha sviluppato caratteristiche definite e riconoscibili. Vino, terra e vignaioli sono diventati un assioma, una sorta di dogma. Per questo il
Consorzio si sta impegnando in un progetto legato all’enoturismo fondato sui valori del territorio: le sue bellezze, il suo vino, le storie degli uomini e delle famiglie che lo producono. Sono esperienze che vogliamo far vivere in cantina».

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