Serena Melani, la donna Comandante delle navi di lusso Explora Journeys 

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33 anni di carriera, Serena Melani è la prima donna italiana Comandante di nave passeggeri e uno dei pochi leader senior nel settore marittimo. Una donna con la passione dei viaggi che ha fatto del suo lavoro una scelta di vita. Come si diventa Comandante di una nave? Quali esperienze si fanno su una nave da crociera di lusso? Perchè una donna al comando di una nave di lusso? In questa appassionante intervista rilasciata per VeraClasse Serena Melani si racconta.

Serena Melani è la Comandante di EXPLORA I, la prima delle sei navi di lusso che Explora Journeys, il marchio di viaggi lifestyle di lusso del Gruppo MSC, introdurrà tra il 2023 e il 2028.
Con i suoi 33 anni di carriera in mare, la Comandante Serena è uno dei pochissimi leader senior nel settore marittimo. Dopo essersi diplomata alla Scuola Tecnica Nautica nella sua città natale di Livorno, Serena ha maturato la sua prima esperienza a bordo di varie petroliere, navi gasiere, navi RoRo e trasportatori di bestiame. Ha trascorso sette anni con Carnival Cruises, passando da 3 ° Ufficiale al 1 °Ufficiale. Ha quindi trascorso dodici anni con Regent Seven Seas, dove è diventata la prima donna italiana Comandante di una nave passeggeri. Dal 2020 è entrata a far parte del Gruppo MSC per il lancio di EXPLORA I.

Comandante, quale percorso ha fatto per arrivare a ricoprire questo importante ruolo?

Ho iniziato 33 anni fa frequentando un Istituto Tecnico Nautico. All’epoca era per me l’unica possibilità per intraprendere questo percorso: a quel tempo la carriera sulle navi militari era ancora preclusa alle donne. Al terzo anno di corso ebbi la possibilità di imbarcarmi durante il periodo estivo come allieva nautica. Mi innamorai all’istante di questa vita raminga da gipsy at heart. Dopo avere conseguito il diploma, per proseguire all’epoca era necessario accumulare 18 mesi di navigazione come allievo ufficiale. E qui iniziarono i problemi: non riuscivo a trovare un imbarco semplicemente perché non volevano una donna a bordo. C’è da dire che ci si trovava in uno dei periodi ciclici di crisi per la marittima, ma i miei compagni di corso erano comunque riusciti tutti a imbarcarsi. Frequentai quindi per tre anni l’università, ma continuai a cercare e cercare l’occasione per imbarcarmi. Poi finalmente, grazie a un progetto finanziato dalla Comunità Europea feci l’esperienza su una nave petroliera della allora SNAM. Gli allievi venivano pagati con un contratto di formazione lavoro che non prevedeva uno stipendio vero e proprio, ma ci permetteva di accumulare mesi di navigazione garantendoci l’acquisizione del titolo di Allievo Capitano di Lungo Corso, che consentiva di poter tenere una guardia sul ponte come Ufficiale responsabile. Da lì non mi sono più fermata, sono rimasta in SNAM per quasi 5 anni, poi passai alla Carnival Cruise Line, dove fortunatamente cercavano anche ufficiali donne. Qui iniziai di nuovo da capo come terzo ufficiale e rimasi in questa Compagnia proseguendo nella mia carriera fino al 2009. Gli itinerari di queste navi da crociera erano però sempre gli stessi e mi stavano un po’ stretti. Amo molto viaggiare e avevo il forte desiderio di visitare tutto il mondo. Nelle grandi navi da crociera poi capitava spesso di non incontrarsi mai per mesi nemmeno tra membri dell’equipaggio e trovavo la cosa estraniante. Assieme all’uomo che divenne mio marito decidemmo quindi di lasciare: lui si trasferì nel mondo dei private yacht, dove però tutt’ora una donna non è ben accolta.

Feci quindi un imbarco su una nave da carico porta animali, una esperienza molto interessante: ricordo che scherzavamo sempre dicendo che stavamo trasportando passeggeri a 4 zampe. Era un mondo totalmente diverso da quello delle petroliere sia da quello delle crociere, ma sempre un’esperienza interessante. Successivamente approdai a una compagnia americana di navi di lusso, la Regent Seven Seas. Quello era il mondo che cercavo: durante il mio primo imbarco che durò sei mesi e mezzo, ho visitato più porti che in 7 anni in Carnival Cruise Line. Era anche una realtà più piccola, più confacente alla mia visione di vita, con la possibilità di avere un’interazione molto profonda sia con i passeggeri sia con i membri dell’equipaggio; questo aspetto umano mi ha sempre molto interessato.
Le navi luxury hanno proprio questa peculiarità, danno la possibilità di viaggiare verso destinazioni dove di solito le altre grandi navi non vanno, lontano dai soliti itinerari, con le crociere intorno al mondo che durano anche 6 – 7 mesi. Sono stata con questa Compagnia fino ad aprile dello scorso anno, quando ho abbracciato con molta passione e entusiasmo il progetto di Explora Journeys.

Perché Explora Journeys ha scelto Lei come Comandante?

Sicuramente è stato determinante il mio background nel mondo delle luxury cruises. Sono navi che hanno molti punti in comune con le grandi navi da crociera, ma hanno delle caratteristiche molto diverse per cui questa mia esperienza era interessante per il nuovo progetto di navi da crociera di lusso Explora Journeys.

Quali esperienze esclusive potranno provare gli ospiti di Explora Journeys?

Explora Journeys

La visione della famiglia Aponte-Vago, proprietaria di questa compagnia navale, è molto rivoluzionaria. Si vuole proporre un’esperienza diversa. Io amo molto la parola Journey, intesa come viaggio e la parola Explora, intesa come esplorare. Questo non significa necessariamente andare in posti dove non è stato ancora nessuno, piuttosto vedere con occhi diversi gli stessi posti. Sicuramente a bordo ci sarà un servizio che si discosta da altre navi luxury. L’ Ocean State of Mind, che è la filosofia della nostra compagnia, è fortemente presente in ogni situazione. Un effetto pumpering dell’ospite, che amiamo introdurre ad un rapporto unico con l’oceano. Quando si viaggia su una nave di medio tonnellaggio come la nostra, si crea una union tra tutti quelli che sono a bordo, sia tra passeggeri sia tra membri dell’equipaggio, che mi ricorda il clima di unione e speranza tra tutti i passeggeri che un tempo si creava sulle navi di esplorazione. Vivendo questi viaggi in modo diverso si torna indietro nel tempo e si ricrea questa atmosfera. Poi sarà importante stare a contatto con l’oceano e viverlo con emozione, vedere con occhi diversi le destinazioni, soggiornare più a lungo in un porto avendo maggior tempo a disposizione. Personalmente amo molto la crociera in Amazzonia. Anche se è una destinazione abbastanza difficile, la ritengo tra le più affascinanti perché consente di passare dall’oceano al cuore di un continente grande come il Sud America.

Come vi porrete rispetto alle esigenze di rispetto dell’ambiente e tutela degli oceani?

La realtà delle navi da crociera, le cosiddette navi bianche, è una piccola parte del mondo delle navi mercantili, ma fa molto più rumore. Da sempre ci sono state delle organizzazioni internazionali che hanno captato con molto anticipo le esigenze legate allo environment. Ricordo che già agli inizi della mia carriera, 33 anni fa, a bordo delle navi si parlava di separazione dei rifiuti, quando a terra non c’era ancora coscienza di questa necessità. Credo fortemente nel potere visionario del mondo marittimo rispetto alle esigenze dell’ambiente. Ci sono stati molti adeguamenti anche rispetto alle esigenze di limitazione delle carbon emission. a bordo dell’Explora Journey in particolare avremo la catalitic reduction technology che va a ripulire le emissioni dei particolati determinati dal fumaiolo; lo scafo è ricoperto con una vernice particolare che consente sia di minimizzare il consumo di carburante sia di fare energy saving. E’ previsto l’uso di impianti che vanno a impattare in modo minore rispetto al consumo energetico della nave stessa che è comunque un villaggio galleggiante di ben 1640 persone. Abbiamo un sistema che depura le acque reflue e le rimette in mare completamente pulite, noi a volte scherziamo dicendo che potremmo anche berle! Abbiamo ottimizzato gli itinerari rispetto alla velocità fondamentale per offrire dei viaggi di grande spessore cercando al contempo di combinarli con distanze che non implichino eccessive velocità che vanno ad impattare sul consumo energetico.

Quali sono le rotte che Lei ama di più e perchè?

Amo molto la crociera che parte da Lisbona e va a Cape Town e viceversa. E’ una crociera molto particolare, un po’ più lunga del solito e mi piace perché è inusuale. Si naviga lungo le coste del continente africano, e già questo è un po’ insolito per le navi da crociera, si seguono le tappe degli esploratori portoghesi, e questo fa tornare un po’ indietro nel tempo. Le due città Lisbona e Cape Town, che sono l’inizio e la fine di questa crociera, hanno una luce molto particolare arrivando dal mare. Una luce che amo definire cosmica, che vale sicuramente tutto il viaggio. Tutte le volte che arrivo in queste due città, pur essendo due porti non facili da navigare, provo una emozione particolare. Poi mi piace molto anche l’Alaska. E’ una meta lontana dall’immaginario dei viaggi in crociera ma molto affascinante, un luogo di grande impatto emotivo per coloro che sono attratti dal mondo della natura. Qui ci sono dei ghiacciai enormi, i più grandi al mondo. Talmente grandi e imponenti che ci si sente piccolissimi come quando ci si trova all’interno di una cattedrale. 

Cosa ha provato la prima volta che ha condotto un mezzo navale?

Serena Melani Explora Journeys
Photo ©: Marianna Santoni.

Il Comandante è il primo responsabile della conduzione della navigazione ma c’è tutta una serie di altre responsabilità che vanno oltre la conduzione della navigazione in sè. Il mio primo vero comando è avvenuto molto prima della mia promozione definitiva perché una notte il comandante non si sentì bene. Io ero comandante in seconda, venni chiamata dalla Società e fui investita ufficialmente del comando. Quella notte ci trovavamo in Turchia ed era uno degli arrivi più ventosi in cui abbia mai navigato in una crociera, già particolarmente complicata per altri motivi. Era il 30 settembre, fu una situazione alquanto buffa perché erano trascorsi esattamente 30 anni dal giorno in cui mio marito imbarcò sulla sua prima nave. Rimasi molto sorpresa perché il tutto accadde in pochissimo tempo, con questo forte vento e diversi problemi a bordo. Fui sorpresa dal fatto che la cosa mi sembrasse la più naturale del mondo, non sentii il mondo cadermi sulle spalle. Non perché io sia più brava degli altri anzi, ci sono molti colleghi da cui devo ancora imparare molto. Però me lo conceda, sono fortemente convinta del fatto che noi donne siamo diverse. Non siamo né migliori nè peggiori, siamo semplicemente diverse. Un comandante donna è sicuramente diverso da un comandante uomo a prescindere dalle diversità fisiche. Io non sono madre ma ho sempre visto l’esempio di mia madre: quando si trattava di prendersi qualche responsabilità per i figli semplicemente lo faceva, senza la tragicità tipica del mondo maschile nell’affrontare la vita. Prendere sul serio le cose che si fanno ma non prendersi troppo sul serio, secondo me è questo uno degli insegnamenti fondamentali che il mondo femminile dà a quello maschile.

Quale messaggio vuole lasciare a chi sogna di intraprendere la sua carriera?

Quando si sceglie questo tipo di lavoro, indipendentemente se si è uomo o donna, non si sceglie un lavoro ma un modo di vivere, un lifestyle, perché è sicuramente una vita fuori dall’ordinario, fuori dai manuali classici. Una scelta che comporta dei sacrifici da affrontare, ma non ne parlo mai perché se è il lavoro che si sceglie di fare non ci si deve badare. Ci sono certo delle situazioni alienanti, ad esempio si potrebbe mancare in momenti importanti della famiglia, come lo è stato quando è morto mio padre e io non ho potuto sbarcare per andare al suo funerale. E non sono la prima e l’ultima a cui è successo. Quello che è accaduto durante la pandemia noi lo viviamo spesso durante la nostra vita a bordo. Questo non è un lavoro per tutti, non perché siamo più bravi di altri, ma perché questo lavoro ti pone di fronte a scelte di vita che sono molto più restrittive e taglienti rispetto ad un tipo di lavoro di routine. Questo è uno dei lavori che ti richiede grandi scelte, ti porta via da casa molto tempo, non ricordo quante feste di di compleanno, celebrazioni di anniversari e quanti natali ho trascorso fuori casa. Fortunatamente ho trovato un compagno di vita che è sulle mie stesse frequenze ma chiaramente per le nostre famiglie tutto questo può risultare molto pesante. In passato proprio per questo le mogli dei marinai erano chiamate le vedove bianche.
Questo è il mio messaggio: ricordatevi che scegliete uno stile di vita, non un lavoro.

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