Viaggio in Perù sulle tracce del mito andino

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Un itinerario ricco di fascino attraverso il Perù e le Ande fino al lago Titicaca dedicato agli amanti dei viaggi archeologici e non solo…

di Veronica del Punta  e Massimo Frera – 4 dicembre 2011

Attraversata l’ennesima frontiera, lasciamo il Cile e dalla città di Arica, la prima tappa obbligatoria in Peru’ è Arequipa perché ad attenderci c’è Juanita. La “ragazza dei ghiacci” prende il nome dal suo scopritore, l’archeologo e alpinista Johan Reinhard, che assieme al suo collega peruviano, professor José Antonio Chávez l’ha ritrovata nel 1995 sulla cima del vulcano Ampato. Juanita è forse la più famosa dei 18 corpi mummificati sacrificati in epoca Inca e ritrovati ad oggi sulle cime delle Ande (14 in Perù e 4 in Argentina), attualmente si trova in una teca a temperatura controllata presso il Museo Santury di Arequipa. Questa città, detta “bianca” per i suoi palazzi coloniali risalenti al XVI secolo ci ha così permesso di entrare in contatto con l’archeologia delle cime andine. Risalire le Ande non è proprio una passeggiata, dai 2400 metri s.l.m. di Arequipa saliamo fino ai 3.800 metri di  Puno, sulle sponde del famoso Lago Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo. La pausa ad Arequipa ci ha infatti aiutato a prepararci adeguatamente a queste alture. Per il corpo umano la difficoltà non sta tanto nell’altezza raggiunta, quanto nella velocità con la quale si ascende. Qui lo chiamano soroche o apuniamento, e anche noi per 2-3 giorni abbiamo avuto cefalea, nausea, respiro affannoso e battito cardiaco accelerato per aver fatto solo quattro passi! Per prevenire o trattare i disturbi più frequenti ma più lievi, il consiglio degli abitanti della zona é bere mate de coca, un infuso di foglie di coca che aiuta a fronteggiare nausea, cefalea e malessere. Consiglio che abbiamo seguito alla lettera: il beneficio si sente davvero!

Abbiamo così potuto goderci al meglio il luogo al quale la leggenda attribuisce la nascita del popolo Inca. Alcune cronache spagnole riportano come la prima coppia di Inca, Manco Capac e Mama Occlo, siano apparsi sull’Isola del Sole, al centro del lago Titicaca. Da qui avrebbero iniziato una marcia alla ricerca di quel luogo in cui la verga dorata che il Dio Sole, Inti, aveva loro donato, si fosse conficcata nel terreno più adatto per fondare la prima città dell’Impero: così sarebbe nata Cusco.
Non abbiamo potuto mancare di visitare le famose isole galleggianti, costruite con la totora, la canna tipica che cresce in questo lago, abitate dai discendenti da un popolo che qui si rifugiò per sfuggire alla conquista incaica, gli Uros. Lunghe trecce nere che risaltano sui colori vivaci degli abiti incorniciano il viso sorridente delle donne Uros, mentre dall’isola vicina di Taquile sono gli uomini a tessere i magnifici berretti, cinture e fasce che caratterizzano l’artigianato di questo luogo. Gli abitanti di questa seconda isola praticano uno stile di vita comunitario ed egualitario basato sul principio andino della reciprocità (ayni), ripartendo in egual modo tra tutti i gruppi familiari i proventi di turismo, agricoltura ed artigianato. Per questo motivo la cultura di Taquile è stata dichiarata pochi anni fa patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Tornate sulla terraferma, la curiosità per il periodo che precedette la nascita degli Inca (XV secolo) ci ha portati in due luoghi tanto interessanti quanto affascinanti. Il primo, Sillustani, custodisce un particolare esempio di architettura funeraria: le Chullpas. Costruzioni simili a torrioni al cui interno sono stati ritrovati resti umani accompagnati da offerte rituali come ceramica, resti di animali e ornamenti. Durante la nostra visita, accompagnati da archeologi locali, siamo stati testimoni “in diretta” del recupero di un piatto cerimoniale che accompagnava la sepoltura di un bambino.
Con altre tre ore di auto, il giorno seguente abbiamo potuto apprezzare lo sconfinato altipiano del Titicaca, raggiungendo la remota località di Pucarà. Qui dal V secolo d.C. si sviluppò una cultura tanto potente da influenzare l’intero altipiano e probabilmente da porre le basi per la nascita del futuro Impero Tiwanaku. A questo punto, con questa preziosa informazione, era praticamente impossibile non trovare il modo di raggiungere la stessa Tiwanaku. Unico problema: attraversare il confine boliviano e trovare chi ci potesse accompagnare fino al leggendario sito posto sulla sponda meridionale del Titicaca. Qui mancavano solo cinque ore alla mezzanotte, in Italia erano le due del mattino successivo, ma la fortuna ci ha aiutato e con un paio di telefonate intercontinentali e internazionali, abbiamo trovato una soluzione per la visita il giorno successivo.

Tiwanaku è realmente impressionante, sia per le dimensioni del sito, che per il mistero che ancora oggi avvolge le ricerche archeologiche sugli incredibili monumenti che ne compongono il cuore cerimoniale. L’Akapana è una piramide a gradoni esplorata negli ultimi anni da un team italiano che ha rivelato la presenza di molti tunnel sotterranei il cui ruolo non è stato ancora chiarito.
Inciso sulla “Porta del Sole” sembra ancora incutere rispetto il “Signore dei due bastoni”, la cui iconografia si può ritrovare in vari siti archeologici lungo tutte le Ande. Il tempo purtroppo è tiranno e dobbiamo lasciare Tiwanaku e i suoi misteri per riattraversare il confine verso il Perù prima delle 17, orario oltre il quale resteremmo bloccati in Bolivia.
Ci rimane un’ultima mezza giornata a Puno, ospiti dell’Intiqa Hotel prima di dirigerci verso il cuore dell’impero Inca: Cusco.

Foto di questa gallery: Veronica Del Punta  e Massimo Frera

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